Erosione infinita

A cura di Giovanni Lattanzi
A inizio stagione turistica, come ogni anno, torna viva la questione erosione (della costa). Ma cos’è la costa? La costa è l’interfaccia, la linea di passaggio tra la terra e il mare. Non è un confine netto, bensì mobile, che si sposta a seconda delle esigenze del mare e della terra, non dell’uomo.
Il mare mangia la costa o la accresce deponendo sabbia a seconda del suo stato. E la costa si sfalda, cedendo sabbia, o si amplia accogliendola a seconda della volontà del mare. Ma noi continuiamo a pensare che quella linea possa essere fissata e difesa ignorando le più elementari leggi della geologia. Inoltre, l’apporto di sabbia dai fiumi è stato praticamente azzerato. Sulla spiaggia la sabbia viene tolta e aggiunta ad ogni onda, ma da dove viene questa sabbia se non dai fiumi? Da decenni i corsi d’acqua italiani (e abruzzesi) subiscono la captazione d’acqua per l’agricoltura e il prelievo indiscriminato di ghiaia dalle cave di inerti per l’edilizia.
Le mareggiate invernali aumentano l’erosione: le spiagge arretrano e provocano il crollo delle strutture costruite sopra come strade e stabilimenti. Gli operatori turistici alzano la voce, la stampa la amplifica, i politici accorrono e promettono soldi per riportare la situazione a quella dell’autunno precedente. Ma nessuno si preoccupa di risolvere alla radice la questione e di progettare una revisione strutturale del rapporto tra l’uomo e la costa, di andare a un ripensamento globale del sistema. Si mette la costosa toppa e tutti sono contenti. Nessuno è in grado, o ha voglia, di guardare oltre l’orizzonte temporale della prossima stagione turistica.
La soluzione che torna sempre è quella di costruire immense e dispendiose barriere di massi, per vederle disfare dal mare dell’inverno successivo, oppure andare al “ripascimento”, una operazione che rasenta il ridicolo. Si sposta sabbia da un luogo all’altro, con grandiosa spesa di denaro pubblico, sostituendosi al ruolo della natura: da un lato si tolgono acqua e sabbia dai fiumi per “fare economia”, dall’altro si spende denaro pubblico a palate per recuperare questa mancanza. Ovviamente la sabbia, riportata sulle spiagge erose a suon di costosissimi viaggi di camion, verrà mossa dal mare con le successive mareggiate invernali, e la primavera dopo si ricomincerà con il copione del ripascimento… di tasche altrui.