Civitella del Tronto: tra memoria e architettura

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Affermare che i centri storici della Val Vibrata costituiscono un’eccellenza del territorio può apparire scontato. In realtà è necessario ricordare che i centri di antica formazione, se non possedessero le peculiarità sedimentate nei secoli, sarebbero luoghi privi di interesse e di attrazione. Un centro è legato intimamente al sito su cui si è edificato, alle sue vicende storiche, alla mutevolezza del paesaggio, alla sua cultura e alla sua arte, qualità che noi oggi riconosciamo come tracce indelebili della sua memoria. Di qui l’identità di un luogo costruito deve essere sempre riletta e rivelata alla luce della nostra conoscenza, una identità costituita, spesso, di fatti e di elementi minori che possono apparire trascurabili.

Il territorio che dalla montagna – Monti Gemelli – si profila verso la costa adriatica, in prossimità del fiume Vibrata, è caratterizzato da un paesaggio naturale e antropizzato dove i centri, maggiori e minori, rappresentano i luoghi della memoria storica. Civitella del Tronto è uno dei centri di eccellenza dello scenario pedemontano.

Nelle alterne vicende storiche alla sua fondazione, il nucleo si struttura, intorno all’XI secolo, come organismo fortificato a difesa dell’estremo settentrionale del Regno di Napoli. Solo più tardi nel XV-XVII secolo si consolida l’abitato sparso fuori dal forte come borgo a valenza militare ad impianto organico e coordinato che ancora oggi è possibile rilevare.

Il centro storico si configura così, sin dal Medioevo, in due entità distinte e commisurabili: la fortezza costruita sul costone roccioso a dominio del confine settentrionale, a cui fa riscontro in basso l’abitato cinto da mura con bastioni circolari organizzato, dal punto di vista urbanistico, come avancorpo di difesa del forte stesso. Ambedue le entità, differenti per ruolo e tipologia, assumono una conformazione in pianta ad andamento longitudinale, adeguandosi organicamente alla morfologia del sito. Mentre il forte, cinto da mura bastionate in calcare, racchiude il sistema delle guarnigioni, il palazzo del governatore, i granai-magazzini, la chiesa e gli edifici accessori funzionali di ultimo baluardo, l’abitato rappresenta, nella organizzazione urbana una cortina murata di trincea.

Gli isolati oblunghi si dispongono in direzione est-ovest, parallelamente alla cinta muraria della fortezza. Un perfetto connubio tra sito, struttura urbana e costruzione. L’identità accidentata del costone roccioso incide positivamente e governa l’opera dell’uomo. Gli edifici costruiti in pietra calcarea (calcare della Montagna dei Fiori), materiale direttamente reperito in situ, sono disposti a schiera e assumono valenze di case mura o di case-forti, molto alte e poco profonde in pianta, caratterizzate da aperture di finestre di piccole dimensioni ai piani terra e da portali di ingresso arricchiti da bugne, mensole e elementi scultorei. In continuità con le case a schiera si configura l’architettura di pregio dei palazzi con cortili interni e giardini pensili, oltre alle strutture religiose di chiese e conventi posizionati, di sovente, alla testata degli isolati.

L’abitato civile assume la configurazione di un vero presidio militare, difatti le vie longitudinali in piano avevano funzione di camminamento di ronda, le vie ortogonali, gradonate, avevano la funzione di cannocchiali visivi preposti all’avvistamento del settore meridionale e le piazze la funzione di piazza d’armi per l’alloggiamento dei cannoni.

La struttura urbana e la tipologia dell’edificato definiscono efficacemente la rispondenza tra sistema insediato e sistema difensivo e l’organismo edilizio così articolato genera e determina l’architettura del centro storico.

La perfetta coerenza tra sito e storica, tra materia e arte genera l’identità del centro storico e solo da una lettura ravvicinata della sua architettura è possibile riconoscere la trama e la memoria di un luogo.

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