Fantasista santomerese convince la giuria del Palacassa

 Di Martina Di Donato

tony -fotoTra la varie ricchezze del territorio nazionale un posto importate lo merita la pizza.  A Sant’Omero c’è chi ne ha fatto un’ arte propria e con gioia e soddisfazione la mostra a tutto il  mondo.

 Al Palacassa di Parma, quest’anno a salire sul podio tra i 765 partecipanti,  provenienti da 32 nazioni, è stato Antonio Di Antonio, per  tutti Tony.

Non è il primo mondiale a cui partecipa con successo. Con orgoglio può dire di essere arrivato terzo  nella categoria “pizza in teglia”. Davanti alla giuria, quest’anno composta da chef, Di Antonio ha scatenato la fantasia:  e allora via con la pizza ai frutti di bosco, fra le tante. “Dopo anni ormai siamo tutti amici, quindi la competizione è poca – dice il pizzaiolo da premio. Il bello di queste esperienze è anche quello di ritrovarsi e stare insieme in posti nuovi. Inoltre il ricavato della manifestazione viene devoluto a scopo benefico; lo scorso anno hanno costruito una scuola in Africa, quest’anno invece un ospedale pediatrico.

In queste gare, Di Antonio ha visto, nel corso degli anni, molte nazioni perfezionarsi. Racconta di pizze alla teglia alte 5 centimetri, che poi sono diventate sempre meno spesse.

“La vittoria in un contesto mondiale è garantita da una serie di fattori: la temperatura dell’impasto, l’acqua e anche la giuria … infondo non esistono ricette segrete, ma un elemento veramente importante è l’utilizzo dei prodotti, che in questi concorsi portiamo da casa. Sono contento poi che quest’anno ci sia stata una giuria di esperti a valutare gli elaborati”.

Le partecipazioni avvengono con la sua squadra “l’Interamnia”, nata all’interno della Scuola Pizzaioli Italiani di Venezia. Sono in quattro e ognuno ha la sua specialità. Sono conosciuti oramai in tutto il mondo e si apprestano ad affrontare una sfida particolare: impastare la pizza più grande del mondo, il record da battere è di ben 1.147 metri. Stanno lavorando duramente ma sono già arrivati i primi segnali per una buona riuscita.

“Ai primi concorsi a cui ho partecipato guardavo i tabelloni che indicavano la provenienza degli altri concorrenti:  leggevo Roma, Milano, Parigi… io invece,con fierezza, vedevo scritto Sant’Omero. Nessuno riesce a pronunciare la mia città nella maniera corretta”.

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