Cicoria selvatica

di Roberto Di Nicola

Dimenticate e abbandonate verdure e radici campagnole sono fonte di benessere. Conosciamole

 Nell’epoca del confezionato, del surgelato, del finger food e del cibo bio-chic, si sta via via perdendo il contatto con i prodotti della terra, con la materia prima nata dal connubio della natura con il sapiente lavoro del contadino, un patto che dura dal tempo dei tempi. E se un anziano oggi resta attonito quando il giovane nipote stenta ad associare una spiga di granturco con il mais in scatola che mangia abitualmente potrebbe rattristarsi non poco nel veder rifiutati i doni che la terra elargisce spontaneamente. E già, perché ci sono veri e propri regali che la terra offre continuamente che non necessitano del lavoro dell’uomo; erbe selvatiche che nascono e crescono rigogliose laddove la fertilità del terreno incontra il favore di precise condizioni atmosferiche. Sono le ‘verdure campagnole’, alimenti che hanno costituito per diverso tempo la solida base della tradizione culinaria povera in tutto il territorio italiano. Conosciamone qualcuna:

Il crespigno o grespino è una pianta spontanea che vegeta nei campi e negli incolti, consumata come verdura da tempo immemorabile in gran parte d’Italia. In Abruzzo è comunemente conosciuto come cascigne (o cascegne) in provincia di Chieti e scrippigne nel teramano. Le foglie fresche, particolarmente gustose e ricche di preziosi sali minerali, possono essere variamente impiegate in cucina: in insalate, minestroni, semplicemente bollite con olio e limone, oppure come ripieno di ravioli o come ingrediente per ottime frittate;

La cicoria selvatica e il caccialepre (noto anche come scaccialebbre o lattaccino): l’habitat tipico per queste piante sono le rupi marittime, gli incolti aridi, i muri e lungo le vie; ma anche i campi, le colture e le aree ruderali. In cucina possono essere servite come insalate, anche cotte.

Sulla tavola del contadino in passato si consumavano questi prodotti abitualmente ed era la donna di casa a prepararli con fantasia affinché i commensali ne apprezzassero il gusto. In tempi in cui l’orto costituiva la risorsa principale per il sostentamento della famiglia, le erbe di campo rappresentavano una valida alternativa alle verdure e agli ortaggi coltivati, non presenti in tutte le stagioni, cosicché i pasti non erano monotoni e risultavano comunque gustosi e nutrienti senza richiedere un dispendio economico, peraltro, non per tutti possibile.

Ora che la primavera è vicina, perché non fare una scelta di benessere a costo zero? Una gita in campagna alla scoperta di questi verdi tesori, testimoni delle nostre antiche radici e fonti di salute.

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