Esperimento Sox laboratori Gran Sasso, sindaco di Notaresco scrive a Di Sabatino e chiede riunione urgente con i Sindaci

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NOTARESCO Di seguito la lettera del sindaco di Notaresco, Diego Di Bonaventura indirizzata al presidente della provincia Di Sabatino  in merito all’esperimento SOX nei Laboratori del Gran Sasso

Egregio Presidente della Provincia, gentili colleghi,

Sono Sindaco di una comunità di settemila abitanti, credo nella scienza, nella ricerca, nello sviluppo. Sono per la libertà e per la trasparenza delle azioni. Come uomo e come cittadino credo che tutto si possa fare solo se viene garantita la salvaguardia del nostro territorio e la tutela dei nostri concittadini, che perdono la fiducia nelle istituzioni proprio perché riscontrano questa tendenza inveterata di chi svolge ruoli di governo a fare gli interessi di pochi in modi opachi, invece di tutelare con la massima trasparenza gli interessi pubblici.

L’ennesima notizia relativa al Gran Sasso, con la previsione dell’esperimento SOX con una sorgente di enorme potenzialità emissiva in termini di radioattività, non può che suscitare una convinta presa di posizione.

L’esperimento SOX prevede il trasferimento da Mayak in Russia di una sorgente di Cerio144 che deriva dal combustibile nucleare della centrale di Kola. La potenzialità emissiva, secondo i dati degli stessi ricercatori, è tra 3,7 e 5,55 Petabecquerel, ed è, in termini di rilascio di radioattività, pari a quanto fuoriuscito in mare dalla Centrale di Fukushima secondo i dati dell’Agenzia Atomica Internazionale. La fonte, in caso di incidente, sarebbe ovviamente diversa, lì un reattore, qui una sorgente radioattiva per scopi scientifici, ma le conseguenze sarebbero le stesse come emissioni che è poi quello che conta per gli impatti sui nostri territori.

Ritengo inaccettabile il silenzio dei Laboratori e del Governo rispetto all’informazione e al coinvolgimento delle comunità che ospitano l’importante e prestigioso centro di ricerca rispetto a tale progetto nonostante sia stato pianificato da anni. É veramente incredibile e inaccettabile che la notizia sia uscita solo dopo una segnalazione anonima ben informata verificata poi come vera da un giornale online e, per quanto riguarda le caratteristiche di SOX, dal lavoro di attivisti sui documenti ufficiali dei ricercatori stessi presentati solo in consessi scientifici.

Esistono chiare Convenzioni internazionali, come quella di Aarhus, ratificate anche dal nostro Stato con la Legge 108/2001, che obbligano alla trasparenza e partecipazione per le scelte che riguardano l’ambiente.

Non posso che stigmatizzare il fatto che tale situazione segue quella già nota riguardante:

  1. a) il fatto che i Laboratori, senza avvisare nessuno, abbiano già in passato causato problemi all’acqua potabile, nel 2002 con il rilascio di una grande quantità di trimetilbenzene proprio da Borexino e susseguente sequestro della sala C;
  2. b) nell’agosto 2016 è stata persa una certa quantità di Diclorometano, dopo una serie di gravi superficialità (lo spettrometro per monitorare la presenza di sostanze inquinanti era spento; la cappa pare non abbia funzionato; la pulizia dell’apparato sperimentale poteva essere svolta all’esterno e invece è stata condotta in sotterraneo). Solo l’intervento della ASL, dopo una settimana dall’avvio delle attività, ha permesso di individuare la perdita.

Queste due situazioni la dicono lunga sull’affidabilità dei Laboratori del Gran Sasso di operare con sostanze altamente pericolose.

Questo centro è già ora classificato come Impianto a Rischio di Incidente Rilevante in base al D.lgs.105/2015 e alle norme precedenti per la presenza di 1.292 tonnellate di trimetilbenzene (esperimento Borexino) e 1.000 tonnellate di acqua ragia (esperimento LVD).

Il Piano di Emergenza Esterno non ci pare essere stato concordato con le comunità locali così come previsto dalle norme vigenti.

Inoltre l’Art.94 del D.lgs.152/2006 pone un divieto insuperabile allo stoccaggio di sostanze pericolose o radioattive entro un raggio di 200 metri dalle captazioni idropotabili e sappiamo che tale distanza nel sistema Gran Sasso non è rispettata.

Aggiungo che questa distanza al Gran Sasso, vista l’entità dell’acquifero, dovrebbe essere senz’altro maggiore in pratica in quanto i 200 metri sono il limite generico (cioè vale da Caltanissetta a Trento sia per sorgenti di 1 litro/secondo che per 1000 l/s) imposto dalla norma come vincolo transitorio nelle more della predisposizione delle regioni dei vincoli sito-specifici. A 11 anni dalla legge la Regione Abruzzo è ancora inadempiente in tal senso e questo espone la nostra risorsa idrica più importante a rischi inaccettabili.

In un recente dibattito svoltosi ad Isola promosso dall’amministrazione comunale si è discusso in contraddittorio con il Direttore dei Laboratori Prof. Ragazzi anche del rischio incidentale dell’esperimento SOX (il video dell’incontro è disponibile online). Non cito il Ministro Galletti in quanto il “rischio zero” da lui sostenuto non esiste in natura per cui questo la dice lunga sulla volontà di affrontare seriamente i problemi reali e concreti.

A parte scusarsi per la comunicazione non corretta, il Direttore dei laboratori non mi pare abbia risposto alle numerose obiezioni di merito. In primis la distanza di 200 metri, che non si capisce come possa essere superata. Poi quelle relative al rischio di fuoriuscita della sostanza radioattiva dal contenitore di tungsteno.

Il Gran Sasso è un’area a fortissimo rischio sismico e nei Laboratori passa una faglia che si muove, secondo le pubblicazioni scientifiche disponibili. Da quanto sappiamo gli apparati sperimentali sono progettati per sopportare lo scuotimento di terremoti importanti ma non per reggere una dislocazione, lo spostamento dei due margini di una faglia, come avvenuto sul vettore nel terremoto umbro-marchigiano di ottobre 2016 (si formò un gradino di oltre un metro in certi punti). Una tale eventualità non è di fatto gestibile dal punto di vista ingegneristico e comporterebbe, tra l’altro, potenziali problematiche anche ai tunnel autostradali che potrebbero rivelarsi inservibili per gli scopi di soccorso.

Infine il rischio del cosiddetto effetto domino, visto che la sorgente radioattiva, per 18 mesi, sarebbe infilata proprio sotto l’apparato di Borexino che contiene centinaia di tonnellate di trimetilbenzene (un idrocarburo) facilmente infiammabile. Un esperimento già ora rischioso. In caso di incidente si potrebbe verificare un effetto a catena anche su SOX.

Il tutto in sotterraneo, con enormi problemi di possibilità di intervento per i soccorsi.

La fuoriuscita della polvere radioattiva potrebbe avere conseguenze catastrofiche vista la presenza dell’acquifero più grande dell’Appennino, con coinvolgimento degli acquedotti di L’Aquila e Teramo e di grandi fiumi come l’Aterno-Pescara e il Vomano e impatto anche sull’Adriatico. Pensare che la stessa quantità di emissioni di Fukushima andate in un oceano possano interessare il nostro “minuscolo” Adriatico fa comprendere i rischi inaccettabili connessi a tale iniziativa.

Evidenzio che dopo oltre un decennio dall’incidente del 2002, nonostante il coinvolgimento del Paese ai massimi livelli, con la nomina di un Commissario straordinario nazionale governativo, non si è neanche riusciti a sistemare captazioni e adduttrici principali. Figurarsi situazioni così complesse.

Pertanto, tenuto anche conto che questo precedente potrebbe aprire la strada ad ulteriori esperimenti con materiale radioattivo, ritengo auspicabile che sia convocata con urgenza una assemblea straordinaria dei Sindaci per:

  1. a) partecipare alle varie iniziative di mobilitazione che i cittadini stanno organizzando e organizzeranno nei prossimi mesi;
  2. b) organizzare sul territorio incontri con chi ha divulgato, dati e documenti alla mano, l’avvio dell’esperimento SOX;
  3. c) richiesta al Governo per la messa insicurezza, una volta per tutte, dei Laboratori e delle gallerie autostradali sotto il Gran Sasso, in modo da eliminare definitivamente i rischi
  4. d) attivare un ricorso al TAR per le autorizzazioni già concesse senza alcuna trasparenza e partecipazione della comunità;
  5. e) chiedere di rivalutare il documento del Piano di Emergenza Esterno dei Laboratori assicurando la massima partecipazione;
  6. f) chiedere di eliminare le sostanze chimiche pericolose e/o radioattive nei laboratori in modo tale che entro poco tempo i laboratori escano dalla normativa relativa agli Impianti a Rischio di Incidente Rilevante.

Attualmente si tratta di soli due esperimenti sulle decine in corso. Non è certamente intenzione mettere in discussione l’importanza dei Laboratori del Gran Sasso e della ricerca in genere ma alcune di queste attività, come qualsiasi altra dell’uomo, devono avere dei limiti, soprattutto se pongono in pericolo addirittura diritti inalienabili come la salute e la possibilità di vivere in un territorio.

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