VERMIGLIO ROSSO TRA BIONDE DORATE

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Il papavero abita i campi di grano. Conosciamolo

A cura di Roberto Di Nicola

IMG_20140518_180357Uno dei protagonisti indiscussi del panorama naturale tardo primaverile è sicuramente il papavero. Da qualche tempo, il massiccio impiego di erbicidi in agricoltura ha tuttavia limitato consistentemente la presenza di questa pianta infestante che, da sempre, tinge di rosso i campi di grano.

La rosa di campo o rosolaccio (Papaver rhoeas), questo il nome della specie spontanea più comune, si trova in tutta Italia nelle colture di cereali e spesso anche su ruderi e macerie. Il colore vivace dei suoi fiori lo rende facilmente riconoscibile anche per un occhio inesperto. Sono molteplici gli usi di questa pianta, nota fin dall’antichità. I teneri germogli sono, ad esempio, un gustoso ingrediente per insalate condite con olio e limone, magari in aggiunta ad altre erbe di campo come i crespigni, la cicoria e l’ortica; i petali freschi vengono invece utilizzati per colorare sciroppi e bevande.

Il Rosolaccio è, inoltre, sedativo e antispasmodico: se ne usano i petali e le capsule svuotate dei fiori per infusi e sciroppi utili a calmare la tosse, l’insonnia e l’eccitazione nervosa (con risultati più blandi rispetto al ‘cugino oppiaceo’ Papaver somniferum). A questo proposito occorre sottolineare che etimologicamente il termine papavero deriva dal latino pappa o papa, in riferimento all’antica consuetudine di unire i semi al cibo dei bambini allo scopo di facilitarne il sonno; tale infuso prendeva il nome di “papagna”, termine usato ancora oggi per indicare lo stato di sonnolenza. Quante volte, da ragazzini, avete temuto di ricevere ‘nu papagne da mamma e papà quando non riuscivano più a tollerare le vostre marachelle? E quanto restavate storditi per il colpo ricevuto? Questo strano modo di denominare ‘lo schiaffo di correzione’ fa riferimento proprio all’effetto soporifero generato dall’esposizione o dal consumo del fiore. La proprietà sedativa è probabilmente la più nota della rosa di campo: perfino Dorothy, la piccola protagonista del Mago di Oz, rischia di non raggiungere la Città dello Smeraldo, quando, attraversando un folto campo di papaveri, si addormenta profondamente, soggiogata dal profumo pungente di quei fiori purpurei.

In Abruzzo, e più precisamente in dialetto teramano, il papavero viene chiamato papaule, papav’r, papambre ed è comune definire ‘ndà nù papaule’ (lett. “come un papavero”) una persona gracile o imbambolata. Chissà che non capiti anche a voi di restare imbambolati fissando un campo di papaveri!

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